Tullio de Padua – Ariano Irpino Informazioni & Risposte

Tullio de Padua – Ariano Irpino
ENTI LOCALI – PUBBLICO IMPIEGO: Monetizzazione delle ferie.

ENTI LOCALI – PUBBLICO IMPIEGO: Monetizzazione delle ferie.
Le ferie spettanti al dipendente e da questi non godute entro i limiti legali e/o contrattuali, a tal fine, previsti nel singolo comparto di appartenenza prima della vigenza del d.l. 95/2012 (convertito), non possano ritenersi assoggettate al divieto di monetizzazione, trattandosi di un diritto ormai sorto ovvero di una fattispecie già perfezionata, della quale, cioè, sono venuti ad esistenza tutti i presupposti (ove, naturalmente, ciò sia effettivamente accaduto, secondo le disposizioni contrattuali e di legge, in concreto, operanti nel caso specifico).
In mancanza di una disciplina “intertemporale” che abbia esteso gli effetti del divieto anche alle ferie non più fruibili alla data di entrata in vigore della norma –come nella specie– dunque, non può che concludersi nel senso della esclusione delle stesse (e del conseguente diritto alla monetizzazione) dalla relativa previsione.
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Il Sindaco del Comune di Porto Tolle, con la suindicata nota, ha sollecitato l’esercizio della funzione consultiva da parte di questa Sezione, ponendo i seguenti quesiti:
– se sia possibile riconoscere, in favore di una dipendente del comune, collocata in quiescenza per inabilità totale al lavoro, la monetizzazione delle ferie maturate e non godute prima della entrata in vigore dell’art. 5, comma 8, del D.L. n. 95 del 06.07.2012, conv. nella Legge n. 135 del 07.08.2012, a norma del quale “le ferie, i riposi ed i permessi spettanti al personale … sono obbligatoriamente fruiti secondo quanto previsto dai rispettivi ordinamenti e non danno luogo in nessun caso alla corresponsione di trattamenti economici sostitutivi”) ovvero se tale riconoscimento sia suscettibile di generare, in capo al responsabile del servizio finanziario che ne disponga la liquidazione, responsabilità disciplinare ed amministrativa, così come previsto dall’ultimo capoverso della citata disposizione;
– se il suddetto riconoscimento possa estendersi anche alle ferie maturate dopo l’entrata in vigore del citato Decreto, in ragione del fatto che la mancata fruizione delle stesse debba imputarsi alla cessazione del rapporto per sopravvenuta inabilità al lavoro e, dunque, per causa non imputabile alla dipendente.

Nel caso di specie, i quesiti formulati, sia pure in forma estremamente concreta e circostanziata, vertono, in ultima analisi, sulla interpretazione ed applicazione di una norma vincolistica avente quale finalità quella di conseguire una riduzione della spesa di personale, in un’ottica di razionalizzazione e di contenimento della spesa pubblica, di sicura rilevanza rispetto alla nozione di contabilità dianzi delineata.
La Sezione, tuttavia, onde non travalicare i limiti della funzione consultiva e non esprimersi su di una vicenda concreta, suscettibile di avere ripercussioni sia sul piano delle scelte gestionali dell’ente, sia su quello della responsabilità amministrativo-contabile, si limiterà ad esprimere alcune considerazioni generali sull’ambito di operatività della disposizione.
Quest’ultima, come si è detto, al fine di conseguire un’ulteriore razionalizzazione della spesa pubblica, ha introdotto il divieto di “monetizzazione”, tra l’altro, delle ferie maturate e non godute dal personale dipendente delle pubbliche amministrazioni, escludendo la corresponsione di qualsivoglia trattamento sostitutivo e rendendo obbligatoria la fruizione delle ferie medesime nei tempi e nei modi previsti dai singoli comparti di contrattazione.
La stessa, inoltre, ha espressamente esteso il divieto ai casi di mancata fruizione per cessazione del rapporto di lavoro, mobilità, dimissioni, risoluzione, pensionamento e raggiungimento del limite di età, prevedendo, tra l’altro, la cessazione dell’applicazione, a decorrere dalla entrata in vigore del decreto, di tutte le disposizioni “più favorevoli”, sia di natura normativa che di natura contrattuale.
In forza del generale principio di irretroattività, le leggi “in materia civile” –per quelle in materia penale, il principio è di rango costituzionale (art. 25 Cost.)– dispongono, di norma, solo per l’avvenire e non possono investire fattispecie che abbiano già prodotto o esaurito i loro effetti, applicandosi soltanto a fattispecie, status e situazioni esistenti o sopravvenute alla data di entrata in vigore della legge medesima e, in quest’ultimo caso, anche se scaturenti da un fatto verificatosi anteriormente, quando debbano essere prese in considerazione in se stesse, prescindendo dal fatto che le ha generate (art. 11 delle Disposizioni sulla legge in generale, preliminari al codice civile).
Sulla scorta di tale principio, è evidente che le ferie spettanti al dipendente e da questi non godute entro i limiti legali e/o contrattuali, a tal fine, previsti nel singolo comparto di appartenenza prima della vigenza del decreto legge (convertito), non possano ritenersi assoggettate al divieto di monetizzazione, trattandosi di un diritto ormai sorto ovvero di una fattispecie già perfezionata, della quale, cioè, sono venuti ad esistenza tutti i presupposti (ove, naturalmente, ciò sia effettivamente accaduto, secondo le disposizioni contrattuali e di legge, in concreto, operanti nel caso specifico).
In mancanza di una disciplina “intertemporale” che abbia esteso gli effetti del divieto anche alle ferie non più fruibili alla data di entrata in vigore della norma –come nella specie– dunque, non può che concludersi nel senso della esclusione delle stesse (e del conseguente diritto alla monetizzazione) dalla relativa previsione. Nello stesso senso, peraltro, si è espresso anche il Dipartimento della Funzione Pubblica, nella nota del 06.08.2012, in risposta ad analogo quesito dell’ANCI.
In merito al secondo quesito ed, in generale, alla estensione del divieto anche alle ipotesi nelle quali la mancata fruizione delle ferie sia dovuta al sopravvenire di una vicenda estintiva del rapporto di lavoro non “dipendente dalla volontà dell’interessato” (nella specie, collocamento in quiescenza per inabilità assoluta alla prestazione lavorativa), deve rilevarsi come proprio la formulazione della norma, oltre a ragioni di equità e di ragionevolezza, conducano alla esclusione di una interpretazione di tal genere.
L’espressa individuazione dei casi nei quali l’intervenuta cessazione del rapporto di lavoro non fa venir meno la preclusione alla monetizzazione, all’evidenza, è indice della volontà del Legislatore di lasciare al di fuori dell’ambito di operatività della norma le ipotesi non contemplate; inoltre, la natura dei casi indicati –fattispecie nelle quali il dipendente determina o concorre a determinare, con propri atti o comportamenti, la cessazione del rapporto o, comunque, nelle quali è ben possibile, in previsione dell’evento, pianificare il godimento delle ferie (mobilità, dimissioni, risoluzione, pensionamento e raggiungimento del limite di età)– lascia chiaramente intendere che la prevedibilità e, quindi, la riconducibilità, anche mediata, della fattispecie estintiva alla volontà del dipendente costituisca elemento determinate ai fini della delimitazione della portata del divieto di corresponsione di trattamenti economici “sostitutivi”; divieto che, dunque, non può ritenersi operante, in generale, per le ferie delle quali, nel singolo contesto normativo e contrattuale del comparto di riferimento, non è più possibile godere in ragione della sopravvenuta interruzione del rapporto di impiego per cause diverse da quelle previste dalla norma in esame (Corte dei Conti, Sez. controllo Veneto, parere 12.11.2013 n. 342).

ENTI LOCALI – PUBBLICO IMPIEGOLe province non possono più assumere.
Il processo di riduzione e razionalizzazione delle province, varato dal decreto legge della spending review dello scorso anno, non si è certo arrestato, ma ha subito soltanto uno spostamento temporale. Ne discende che, ad oggi, è operante in capo alle province il divieto alle stesse di procedere ad assunzioni di personale a tempo indeterminato. Inoltre, in considerazione della ratio della disposizione legislativa, che è quella di «cristallizzare» la struttura delle risorse umane delle province in vista della loro soppressione, non è altrettanto possibile assumere a tempo indeterminato personale appartenente alle cosiddette categorie protette, ex legge n. 68/1999. 

Non ammette repliche la conclusione cui è pervenuta la sezione autonomie della Corte dei conti, nel testo della deliberazione 29.10.2013 n. 25, con cui ha fatto chiarezza su un aspetto particolare del travagliato iter di riduzione e soppressione delle province, rispondendo a due quesiti posti dalla Corte conti Emilia Romagna.
Il primo, se sia ancora vigente il divieto di assumere personale a tempo indeterminato da parte delle province. Il secondo, se tale divieto ricomprenda anche le unità di personale aventi diritto al collocamento obbligatorio, quale appartenenti alle categorie protette previste dalla legge n. 68/1999.
Come si ricorderà, con l’articolo 16, comma 9 del dl n. 95/2012, le province, nelle more dell’attuazione delle disposizioni di riduzione e razionalizzazione, si è disposto il divieto per le province di assumere personale a tempo indeterminato. Con il dl n. 188/2012, poi, si era provveduto a dare corso a queste disposizioni, ma tale dl non fu poi convertito in legge. L’obiettivo del legislatore di provvedere alla riduzione e soppressione degli enti provinciali non è stato abbandonato, in quanto, nella legge di stabilità per il 2013 (all’articolo 1, comma 115), a causa della mancata conversione in legge del predetto dl n. 188, si è rinviato al 31.12.2013, l’attuazione delle norme di razionalizzazione e riduzione degli enti provinciali.
Sulla scorta di questo quadro normativo, la sezione regionale di controllo dell’Emilia Romagna della Corte ha chiesto una pronuncia definitiva della sezione autonomie, posto che altra sezione regionale della Corte (Corte conti Lombardia, nel parere n. 44/2013) ha ammesso le assunzioni di personale a tempo indeterminato, in quanto «il ridimensionamento delle province doveva intendersi arrestato».
La sezione autonomie non ha condiviso tale assunto. L’articolo 16 del decreto legge n. 95/2012 è tuttora in vigore, non appare né arrestato né abbandonato, anzi, procede con le migliori intenzioni, tenuto conto che il 20 agosto scorso il governo ha depositato un ddl recente misure di abolizione delle province. Il legislatore ha solamente rinviato l’adozione delle misure di ridimensionamento delle province al 31.12.2013, con la conseguenza che le stesse non possono assumere personale a tempo indeterminato.
Sulla stessa lunghezza d’onda le considerazioni relative all’assunzione di personale appartenente alle categorie protette. Nonostante la legge n. 68/1999 ne disponga l’obbligatorietà, ci si trova di fronte al volere del legislatore di «cristallizzare» il personale delle province, in vista della loro soppressione (articolo ItaliaOggi dell’08.11.2013).

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